Ad ali spiegate

Come può un corpo che lavora chino su un campo per 10 o 15 ore al giorno, lontano da casa, ridotto in schiavitù come una bestia, come può questo corpo avere ancora voglia e fiato per cantare?

Forse quel corpo straziato in effetti la voglia non l’avrebbe, se non fosse per la spinta che gli arriva dall’interno, se non fosse per l’anima, che ancora spera, che comunque prega, che nonostante tutto canta.

Coprendo con il termine di “missione evangelizzatrice” le piaghe che infligge all’uomo nero, l’uomo bianco gli parla di Gesù, della croce e, forse per far tacere improbabili sensi di colpa, gli racconta le storie della Bibbia, di Mosè, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. E l’uomo nero, invece di mandarlo alla malora, lui e la sua Bibbia, ci crede, anzi vuol saperne di più e tra le righe del Vecchio e del Nuovo Testamento legge anche la sua storia di deportato, di esule, di schiavo e sente che anche per lui si apre la porta di una speranza: se Dio ha liberato il popolo ebreo dalla schiavitù d’Egitto, libererà anche il suo popolo.

E quella vicenda orrenda di schiavitù, di tratta umana, di commercio di braccia e mani, di cui l’uomo europeo cristiano si macchia, senza vergognarsene e pentirsene mai abbastanza, produce un frutto inaspettato e paradossale: il canto spiritual. E così lo schiavo nero insegna al padrone bianco cosa significhi essere davvero cristiano, sublimare la sofferenza con la fede, farsi davvero come Cristo in croce portatore di senso e di speranza, anche in mezzo allo sporco degrado delle catene.

In questo recital si vuole tracciare il filo rosso di quella cultura musicale chiamata “negro-spiritual”, nata nell’America del ’700 e dell’800 e che sta all’origine del gospel, del blues e del jazz moderno, in cui musica e fede diventano ali spiegate verso la libertà.

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Competenze

Postato il

17 Novembre 2022

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